Chi sostiene il nucleare vada a scuola di comunicazione

Chi sostiene il ritorno all’atomo usa argomentazioni logiche e razionali ma spesso non riesce a farsi capire. La causa sta nella cosiddetta “maledizione della conoscenza” e la soluzione nel racconto di storie, aneddoti, esempi

Pubblicato su Linkiesta il 15 marzo 2011

nucleareLe notizie che arrivano dal Sol Levante e gli allarmi di cui i media ci informano senza sosta costituiscono un forte elemento di convinzione contro il ritorno a questa scelta.La vicenda giapponese e l’approssimarsi del referendum riportano in auge la questione del nucleare, facendo crescere le azioni di chi si oppone al ritorno all’atomo.

Chi sostiene la scelta nucleare ribatte con una serie di tesi non prive di fondamento: la “sicurezza degli approvvigionamenti”, per esempio, oppure il “costo dell’energia” o – ancora – l’impossibilità di far fronte alle richieste al “fabbisogno energetico” affidandosi semplicemente alle rinnovabili.

Tuttavia queste spiegazioni, di ordine squisitamente razionale, non riescono a far breccia nel pubblico italiano.

Perché?

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Un’immagine vale più di mille parole/2

Mi sono già soffermato sull’importanza delle immagini nella comunicazione (politica) in questo post, nel quale sottolineo la capacità delle foto di semplificare i concetti e veicolare un messaggio con maggiore efficacia e immediatezza.

La conferenza stampa di presentazione della riforma sulla giustizia ce ne fornisce un esempio interessante.

L’immagine che riportiamo è stata (prevedibilmente) utilizzata a corredo della notizia da alcuni dei principali quotidiani italiani.

È particolarmente efficace perché sintetizza in maniera evidente la supposta disparità fra accusa e difesa che caratterizzerebbe – secondo il presidente del consiglio – il sistema giudiziario italiano.

Mostra con altrettanta evidenza quale sarebbe l’effetto della riforma, un riequilibrio dei piatti della bilancia, dunque un effetto quanto mai auspicabile, almeno in linea di principio.

In questo modo anche il lettore distratto e frettoloso (ovvero la maggior parte delle persone che sfogliano i giornali) può comprendere le ragioni per cui la riforma sarebbe necessaria e l’obiettivo che si propone chi la promuove.

Non possiamo dimenticare, inoltre, un ulteriore elemento che attrae l’attenzione di chi guarda: la benda sul volto, simbolo visivo che riporta al gesto di violenza di cui Berlusconi è stato vittima lo scorso dicembre e dunque metafora della campagna di odio di cui sarebbero responsabili, secondo il premier, l’opposizione, la c.d. magistratura rossa e la stampa di sinistra.

PS – Se conosci qualcuno a cui può interessare questo articolo condividiglielo subito.


“Come” dire qualcosa di (centro)sinistra

La mia presentazione al seminario di formazione politica “Le parole e le cose dei democratici” che si è svolto a Pisa lo scorso 5 marzo.

Il mio intervento si inseriva nella sessione “Le figure e le forme dei democratici dopo il Novecento. Che cosa possiamo e dobbiamo ‘dire di sinistra’ nell’epoca della rete?”

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Ne ho discusso insieme a Giuseppe Civati (consigliere regionale PD Lombardia), Francesco Verducci (vice responsabile vicario del dipartimento Cultura e informazione del Pd), Adriano Fabris (professore di Filosofia Morale e di Etica della Comunicazione – Università di Pisa), Mario Rodriguez (professore di Comunicazione Politica – Università di Padova). A moderare c’era Giorgio Malet (segretario del Circolo GD “Giovane Europa” della Scuola Normale Superiore e della Scuola Superiore “Sant’Anna” di Pisa).

P.S. Voglio ringraziare il mio amico David Ragazzoni, che mi ha invitato e che insieme ad altri giovani ha organizzato un’iniziativa davvero interessante.


Eroe e antagonista della campagna di Berlusconi

Un mio articolo scientifico, pubblicato sulla rivista Comunicazione Politica, analizza la strategia di Berlusconi nel corso delle ultime elezioni politiche e svela l’utilizzo di una raffinata costruzione  del discorso.

L’articolo, dal titolo La costruzione strategica dell’eroe e dell’antagonista nel discorso politico di Berlusconi, è uscito sul numero 3 del 2010 della rivista. Per leggerlo clicca qui.

Comunicazione Politica (ComPol) è l’unica rivista italiana che studia, analizza e discute i rapporti tra mass media e sistema politico.

Come si può leggere sul suo sito, “ComPol si propone di favorire lo sviluppo interdisciplinare della teoria e della ricerca italiana, accogliendo contributi scientifici di scienziati politici, sociologi, massmediologi, linguisti, storici e altri studiosi”.

L’obiettivo è quello di analizzare da diverse prospettive le profonde trasformazioni avvenute negli ultimi decenni nell’arena politica e nelle dinamiche elettorali.

Oltre alla produzione in campo accademico è particolarmente attenta a quanto avviene nel mondo delle professioni della comunicazione politica e ospita interventi di esperti di sondaggi e consulenti politici, operatori dei media classici e dei nuovi media, con l’intento di far dialogare ricerca scientifica ed esperienza professionale.


Ritorno

Per qualche tempo ho trascurato il blog, stavo lavorando a una piccola sorpresa, presto ti dirò tutto. Intanto ricomincio a scrivere.


Berlusconi, tranquillo nei toni, ma pronto alla battaglia

Dalla prima pagina de Il Riformista (13 dicembre 2010)

Accorto e pacato in apparenza, ma pronto alla competizione elettorale, possiamo riassumere così il senso dell’intervento di Berlusconi in Senato.

Il tono del discorso è mellifluo e sobrio, Berlusconi preferisce leggere il proprio intervento: una scelta piuttosto inusuale per un politico che è solito parlare “a braccio” anche nelle occasioni ufficiali.

La scelta si spiega con la delicatezza del momento: una sola parola oltre le righe avrebbe potuto compromettere l’obiettivo dichiarato dell’intervento, convincere qualche peone dell’opposizione a non votare la sfiducia.

Tuttavia l’analisi del linguaggio non verbale di Berlusconi ci rivela qualcosa di diverso, soprattutto se paragonata all’intervento pronunciato in occasione del voto di fiducia del 29 settembre. (altro…)


Come diventare indispensabile

La politica vive, in questo momento più che mai, la spasmodica ricerca di un leader. Ma quali sono le caratteristiche umane di un leader, quelle doti che fanno sì che gli altri gli riconoscano qualità eccezionali?

Il leader del nostro tempo è qualcosa di più di una guida luminosa capace di condurre le masse, è un individuo in grado di ispirare gli altri, motivarli a fare di più e meglio, di essere un modello a cui guardare.

Prendiamo come esempio una delle questioni più scottanti del nostro tempo, la condizione lavorativa dei giovani nel nostro Paese.

Il leader non è quello che dice “trovare un buon lavoro in Italia è impossibile”. Perché è chiaramente una bugia. Conosco tanti ragazzi, tanti giovani che hanno conquistato e ottenuto – con le loro forze – condizioni professionali invidiabili come imprenditori, consulenti, giornalisti, solo per fare qualche esempio.

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L’umorismo di Berlusconi è una cosa seria

Un libro raccoglie le barzellette del Cavaliere

«Proprio l’altro giorno Prodi stava facendo jogging sulla spiaggia di Gaza. È inciampato in un oggetto duro, l’ha sollevato e l’ha pulito: era la lampada di Aladino. È uscito il fantasma che gli ha detto: ‘Padrone, dimmi un desiderio, che io realizzerò subito’. Prodi ha detto: ‘Facciamo fare la pace a israeliani e palestinesi’. Ma il genio gli ha detto: ‘No, guardi sono in guerra da troppi anni. Me ne dica un altro’. Allora Prodi si è grattato la pera: ‘Be’ vorrei diventare intelligente come Berlusconi… quasi come Berlusconi’ e il fantasma gli ha detto: ‘Va bene, padrone, torniamo al primo desiderio’».

È una delle storielle contenute in “Il Re che ride. Tutte le barzellette raccontate da Silvio Berlusconi”, un compendio dell’umorismo berlusconiano curato da Simone Barillari (Marsilio, pp. 207, euro 13,50).

Le barzellette di Berlusconi non vanno considerate come semplici battute o uscite da archiviare come espressioni del carattere bizzarro e ridanciano del personaggio. L’umorismo gioca un ruolo più sottile.

Già Cicerone nel De Oratore raccomandava l’utilizzo dell’ironia nel discorso, sostenendo che l’oratore che usa in modo efficace il registro comico crea un rapporto di sintonia con l’uditorio: in parte perché il buonumore procura benevolenza verso chi lo ha suscitato, in parte perché si ammira la sua acutezza.

L’utilizzo dello humor in Berlusconi non gioca però un ruolo meramente decorativo del discorso ma si inserisce in un progetto strategico.

Lo stesso Berlusconi ne rivendica l’uso consapevole in una frase riportata nella quarta di copertina del libro: «Io non racconto barzellette e disistimo chi lo fa. Io uso delle storielle per scolpire dei concetti».

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