Generazione Y

Pubblicato su ItaliaFutura il 26 marzo 2010

Si sente dire, sempre più spesso e da sempre più parti, che i giovani non sono interessati alla politica, che si sono rifugiati in un individualismo ovattato, imbottito di partite ai videogiochi e passeggiate nei centri commerciali.

Se è vero che le giovani generazioni dimostrano una tendenziale distanza di sicurezza rispetto ai partiti e alla politica mediatizzata, non è altrettanto corretto affermare che sono impermeabili alla politica tout court.

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Narrazioni strategiche

In che modo gli Stati usano i media per proiettare la propria identità, i propri valori e i propri interessi sulla scena internazionale? Come possiamo valutare il peso di queste narrazioni strategiche?

Sono alcune delle domande alle quali risponde Great Power Politics and Strategic Narratives, il paper di Ben O’Loughlin, Alister Miskimmon (Royal Holloway) e Andreas Antoniades (University of Sussex).

Che si tratti di eventi critici come la protesta iraniana o di crisi finanziarie o degli sforzi di comunicazione diplomatici, gli Stati competono per imporre le proprie narrazioni sulla percezione dello sviluppo mondiale.

La capacità di strutturare il modo in cui le altre potenze concepiscono l’ordine internazionale – come un insieme di sovranità indipendenti piuttosto che di grandi civiltà o di unità che tendono verso un’interdipendenza cosmopolita – favorisce la gestione delle interazioni.

Le narrazioni strategiche costituiscono una lente per comprendere il posizionamento e le interazioni dinamiche che strutturano la politica mondiale sia che ci si occupi di Stati Uniti, di Cina, di finanza, di sicurezza o di cambiamento climatico.


Stampa e potere

da Terra, 13 ottobre 2009bogart

Mentre alla presentazione di Italia Futura venivano discussi i risultati di uno studio sulla mobilità sociale del paese i media dedicavano tutte le proprie energie a discutere la sentenza della corte costituzionale.

Mentre il think tank animato da Montezemolo avanzava proposte per rimettere in moto l’ascensore sociale del paese, la stampa e la tv si concentravano sulla pletora di commenti, dietrologie, accuse e difese di esponenti politici, giuristi, critici da salotto televisivo.

Nessuna attenzione è stata dedicata alle proposte per garantire ai giovani opportunità di crescita e realizzazione. Proposte che, peraltro, incassano gli apprezzamenti bipartisan di Fini ed Enrico Letta.

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Non chiamatelo “scudo fiscale”

pubblicato su Il Riformista, 3 ottobre 2009

“Scudo fiscale” è l’ingegnoso nome scelto per un provvedimento che, ci dicono dal centro sinistra, non è molto diverso da un ordinario condono o, volendo citare le parole di Bersani, fra i massimi esperti di economia del Partito Democratico, “una colossale ripulitura di denaro”.

L’espressione “scudo fiscale” non viene scelta a caso. Lo “scudo” è un elemento positivo, un oggetto che ci protegge dal nemico, una parola che evoca battaglie mitiche di eroi sul cavallo bianco contro draghi, orchi, mostri di ogni sorta. In questo caso il nemico, è evidente, sono le tasse.

La misura della maggioranza ovviamente non è uno scudo in senso letterale, ci troviamo infatti di fronte a una metafora, uno strumento linguistico che permette di sottolineare alcune caratteristiche di un oggetto, occultandone altre.

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Scuola di politica, in chiave radicale

da Terra, 5 settembre 2009

Diritti civili e libero mercato, ricerca scientifica e temi etici. Ma anche comunicazione politica e formazione. È la formula scelta per la scuola estiva dell’associazione Luca Coscioni, che mescola i grandi temi della storia radicale agli strumenti necessari per condurre l’attività politica.

Un metodo di lavoro in controtendenza rispetto alla maggior parte delle scuole politiche, che ospitano una successione di grandi nomi dello scibile umano ma rimangono a un livello teorico e passivo. Chi partecipa, quasi sempre giovani, viene bombardato di informazioni eterogenee, di grandi contenuti ma quasi sempre rimane a un livello che presuppone una condizione di minorità, da una parte c’è il docente, dall’altra l’allievo e fra le due posizioni non c’è movimento.

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C’era una volta la crisi

da Italianieuropei n.3/2009

Il discorso sulla crisi economica è stato uno dei pilastri della campagna di Berlusconi nel 2008. Un’analisi della strategia elettorale ne svela le ragioni dell’efficacia, mette in luce le carenze del campo democratico e permette di avanzare una proposta per recuperare un rapporto più profondo fra cittadini e politica riformista.

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Il bello, il brutto e il cattivo. Pdl e Lega mettono all’angolo il Pd

da Terra, 15 maggio 2009

La strategia è ormai chiara e non è nemmeno delle più innovative. Dietro ai continui distinguo e alla diversità di posizioni dei principali uomini del Pdl si nasconde una scelta precisa. Quella che nel linguaggio aziendale si chiama diversificazione: puntare su diversi prodotti per soddisfare le esigenze delle diverse fasce di pubblico e massimizzare il profitto.

Una strategia ben nota anche nel mondo dello spettacolo. Come i Beatles, come i Take That, come le Spice Girls: ogni membro del gruppo è caratterizzato da un forte tratto distintivo, capace di attrarre un diverso segmento del pubblico e accontentare tutti.

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Edgar Morin: Cosa penso della politica italiana

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Da Left, maggio 2008

A 87 anni Edgar Morin è fra i più grandi pensatori viventi. Le sue riflessioni sulla complessità hanno rivoluzionato l’approccio alla conoscenza tipico della modernità. Il rifiuto della distinzione fra i saperi e la natura transdisciplinare del suo lavoro hanno modificato l’approccio alla scienza e alla conoscenza e la svolta radicale che ha impresso al metodo ha segnato il passaggio dal riduzionismo alla complessità. La sua riflessione ha attraversato temi apparentemente molto distanti fra loro come l’ambiente, l’educazione, la biologia e la fisica. La naturale curiosità lo ha portato a interessarsi anche della politica italiana.

La politica vive da una parte una tensione verso la spettacolarizzazione, dall’altra viene percepita sempre più dai problemi della società. Quale crede possa essere il  suo ruolo nel governo di un mondo complesso?

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Domanda e risposta. Intervista ad Alexander Stille

stilleda Left, 18 aprile 2008

Molti osservatori hanno parlato in questi giorni del grande successo della Lega, qualcuno dimentica di sottolineare però che si tratta anche di un’importante vittoria di Berlusconi, sia perché ha conquistato tutte le regioni “in bilico”, sia perché la Lega ottiene questo risultato con un chiaro accordo con il Pdl, a differenza di quanto era successo nel ’96, quando l’affermazione elettorale di Bossi era arrivata con una candidatura solitaria.

Per capire le ragioni di questo fenomeno abbiamo chiesto l’opinione di un autorevole osservatore straniero. Alexander Stille, docente di giornalismo internazionale alla Columbia University, ha collaborato con alcuni fra le più prestigiose testate americane come il New York Times, l’Atlantic Monthly e il Boston Globe. É autore di numerosi saggi, fra i quali Citizen Berlusconi. Vita e imprese, un’accurata ricostruzione delle vicende aziendali e politiche del Presidente del Consiglio italiano.

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