da Il Riformista, 19 marzo 2009
Che “The Wrestler”, film con Mickey Rourke in questi giorni nelle sale sia un bel film è già stato detto. Che l’interpretazione del protagonista ci restituisca con forza l’intimità del personaggio è già stato detto. Che la regia, gli effetti speciali e la sceneggiatura si fondano insieme per restituire un grande prodotto dell’industria culturale è già stato detto.
Quello che, forse, non è stato detto è che questa pellicola assume un significato quasi paradigmatico, che descrive lo stato dell’America di oggi.
La vicenda di un lottatore a fine carriera, sul viale del tramonto ma non domo, acciaccato e claudicante ma ancora voglioso di infilarsi la calzamaglia e salire sul ring, piace al pubblico e alla critica anche perché comunica con forza la condizione della nazione americana.
Il film si snoda raccontando le vicende della gloria del wrestling Randy “The Ram” Robinson, all’apice del successo negli anni Ottanta e oggi costretto ad esibirsi nei week end in locali di quart’ordine e a scaricare casse di carne al supermercato durante la settimana. La sua vita è un tributo a quella decade, porta ancora i capelli lunghi con le mèches bionde e non rinuncia ai poster degli AC/DC e alla bandiera a stelle e strisce.
“The wrestler” è una grande metafora dell’America di oggi, incerta e insicura, alla ricerca di una soluzione diversa da quella del passato ma allo stesso tempo nostalgica di quegli anni Ottanta, dei giorni in cui il domani poteva solo essere migliore e non c’era bisogno di una grande guida, bastava un attore di terza categoria a incarnare il mito del sogno americano e la fiducia nel domani.
Dopo un infarto, Randy “The Ram”, come l’America di Obama, cerca una soluzione diversa, cerca di reinventarsi un nuovo modo di vita, una nuova soluzione. Ma, ci ricorda il regista, non è detto che ce la farà. Non è detto non perché la soluzione non sia quella giusta, ma solo perché siamo negli anni Duemila e l’idea che tutto andrà bene, che Rocky batterà il duro Ivan Drago, non sta più in piedi, non attrae il pubblico, non esprime lo spirito del tempo, per usare un’espressione riempita di significato dal saggio omonimo di Edgar Morin.
Se Rocky esprimeva gli anni Ottanta e l’America di Reagan, la sicurezza che gli sforzi e il duro allenamento pagheranno, sul ring e nella vita, Randy “The Ram” rappresenta l’America di Obama, una nazione ferita al cuore e messa alle corde, campione di uno sport, il wrestling-liberismo, che sembra superato, ma che crede ancora di potercela fare.
La calzamaglia fluorescente di Rourke incarna metonimicamente la deregulation e la detassazione senza freni di Reagan, tanto belli allora, tanto fuori dal tempo oggi.
Anche il finale, la rivincita della leggendaria sfida con l’Ayatollah, potrebbe essere letto come un simbolo dell’America di oggi. Ma non ve lo sveleremo, nemmeno in tempo di crisi vi priveremmo del piacere di passare due ore guardando un bel film.