Ha suscitato un dibattito acceso e vivace l’articolo sul Qr code pubblicato sul Riformista: mentre tanti mi hanno testimoniato condivisione e consonanza di opinioni, alcune persone che lavorano nel Pd hanno mostrato dubbi e osservazioni critiche.
Mi sembra giusto soffermarmi sulle opinioni divergenti piuttosto che sugli elogi e quindi ci tengo a precisare alcuni punti cruciali.
L’articolo non voleva giudicare il Qr code, che anzi – ho scritto – è un’idea lodevole.
L’articolo non è una critica al lavoro delle persone che curano la comunicazione del Pd, della cui attività ho grande rispetto.
La mia intenzione è invece quella di suscitare una più ampia riflessione culturale sugli stili della comunicazione del Pd e di molti esponenti del Pd (ma anche di tanti altri politici italiani) e sulla loro corrispondenza ai contesti sociali e mediatici nei quali viviamo.
Siamo infatti immersi in un contesto sociale fortemente caratterizzato da un sentimento di antipolitica e in un ambiente mediatico fortemente competitivo, nel quale vengono enfatizzate le dimensioni della rapidità e dell’immediatezza.
Per far fronte a tali mutamenti di scenario la comunicazione politica contemporanea sta rivalutando l’efficacia e l’importanza degli aspetti metaforici, narrativi ed emotivi del linguaggio rispetto a quelli “illuministici” e razionali.
Queste considerazioni dovrebbero essere sempre tenute a mente nella produzione di messaggi politici (e non solo). Questo era il senso profondo dell’articolo.
Infine ci tengo a precisare che, come chiunque si occupa di comunicazione sa, nella società dei media vale (salvo rarissime eccezioni) la regola riassunta nel motto “non esiste pubblicità negativa”.
In altre parole il fatto che io abbia parlato – sebbene con toni critici – dell’iniziativa del Qr code, è un modo per farla conoscere, per portarla fuori dall’oblio nel quale il bombardamento mediatico confina la maggior parte delle notizie. Per cui credo che l’articolo andrebbe letto anche alla luce di questa non irrilevante considerazione.
Ringrazio Paolo Sinigaglia, i cui acuti commenti mi hanno aiutato a chiarire – spero – con maggiore precisione, il senso dell’articolo e a delineare alcuni punti cruciali.