Un libro raccoglie le barzellette del Cavaliere
«Proprio l’altro giorno Prodi stava facendo jogging sulla spiaggia di Gaza. È inciampato in un oggetto duro, l’ha sollevato e l’ha pulito: era la lampada di Aladino. È uscito il fantasma che gli ha detto: ‘Padrone, dimmi un desiderio, che io realizzerò subito’. Prodi ha detto: ‘Facciamo fare la pace a israeliani e palestinesi’. Ma il genio gli ha detto: ‘No, guardi sono in guerra da troppi anni. Me ne dica un altro’. Allora Prodi si è grattato la pera: ‘Be’ vorrei diventare intelligente come Berlusconi… quasi come Berlusconi’ e il fantasma gli ha detto: ‘Va bene, padrone, torniamo al primo desiderio’».
È una delle storielle contenute in “Il Re che ride. Tutte le barzellette raccontate da Silvio Berlusconi”, un compendio dell’umorismo berlusconiano curato da Simone Barillari (Marsilio, pp. 207, euro 13,50).
Le barzellette di Berlusconi non vanno considerate come semplici battute o uscite da archiviare come espressioni del carattere bizzarro e ridanciano del personaggio. L’umorismo gioca un ruolo più sottile.
Già Cicerone nel De Oratore raccomandava l’utilizzo dell’ironia nel discorso, sostenendo che l’oratore che usa in modo efficace il registro comico crea un rapporto di sintonia con l’uditorio: in parte perché il buonumore procura benevolenza verso chi lo ha suscitato, in parte perché si ammira la sua acutezza.
L’utilizzo dello humor in Berlusconi non gioca però un ruolo meramente decorativo del discorso ma si inserisce in un progetto strategico.
Lo stesso Berlusconi ne rivendica l’uso consapevole in una frase riportata nella quarta di copertina del libro: «Io non racconto barzellette e disistimo chi lo fa. Io uso delle storielle per scolpire dei concetti».
Il vantaggio principale dell’uso dell’umorismo deriva dal fatto che Berlusconi non ha bisogno di sostenere le sue tesi con argomentazioni razionali: il motto e la barzelletta servono per presentare i personaggi rappresentati – come nel caso della storiella su Prodi – in modo critico senza tuttavia dover ricorrere all’argomentazione.
L’umorismo viene usato per presentare le opinioni su Prodi come ovvie e scontate e allo stesso tempo per ridurre la possibilità che il pubblico metta in questione l’idea che, come dice la barzelletta, Prodi sia meno intelligente di Berlusconi: è un dato di fatto tant’è che ci possiamo ridere sopra (la stessa barzelletta ha avuto per protagonisti in tempi successivi anche Veltroni e Franceschini).
Un altro ruolo è quello di contribuire a definire le caratteristiche eccezionali e carismatiche dello stesso Berlusconi. Come nel caso della celebre barzelletta raccontata in una puntata di Domenica in nel ‘95.
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L’umorismo ha anche un’altra funzione: rinforza l’immagine che Berlusconi ha costruito negli anni di un politico nuovo, in contrasto con l’immagine tradizionale del politico corrotto e distante, che si rivolgeva al pubblico in un incomprensibile politichese o in qualche sua rimaneggiata versione.
Raccontando barzellette, dunque, Berlusconi ottiene tre effetti: costruisce la critica al proprio antagonista, rafforza la figura di uomo eccezionale e – soprattutto – rinforza la propria immagine di homo novus, senza bisogno di lunghe e complesse spiegazioni.
Lo fa peraltro con frasi brevi, che suscitano emozioni e quindi sono più facili da ricordare, oltre ad essere adatte ad essere diffuse ulteriormente, come accade spesso con le barzellette. Insomma, l’umorismo di Berlusconi è una cosa tremendamente seria.
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“Raccontando barzellette, dunque, Berlusconi ottiene QUATTRO effetti: costruisce la critica al proprio antagonista, rafforza la figura di uomo eccezionale, rinforza la propria immagine di homo novus E DIVENTA UNA BARZELLETTA LUI STESSO.