La politica vive, in questo momento più che mai, la spasmodica ricerca di un leader. Ma quali sono le caratteristiche umane di un leader, quelle doti che fanno sì che gli altri gli riconoscano qualità eccezionali?
Il leader del nostro tempo è qualcosa di più di una guida luminosa capace di condurre le masse, è un individuo in grado di ispirare gli altri, motivarli a fare di più e meglio, di essere un modello a cui guardare.
Prendiamo come esempio una delle questioni più scottanti del nostro tempo, la condizione lavorativa dei giovani nel nostro Paese.
Il leader non è quello che dice “trovare un buon lavoro in Italia è impossibile”. Perché è chiaramente una bugia. Conosco tanti ragazzi, tanti giovani che hanno conquistato e ottenuto – con le loro forze – condizioni professionali invidiabili come imprenditori, consulenti, giornalisti, solo per fare qualche esempio.
Non è quello che dice “trovare un buon lavoro in Italia è difficile”. Perché quello lo sapevamo senza che ce lo dicesse il “leader”, è abbastanza evidente. Raggiungere posizioni ambite, di responsabilità è sempre stato impegnativo. Bisogna lavorare, impegnarsi, darsi da fare. In Italia come all’estero. Chi promette fuori dall’Italia l’esistenza del Regno delle Possibilità fa un cattivo servizio, ai giovani e al nostro paese.
Il leader è invece quello che ci mostra nuove strade per trovare un buon lavoro e ci motiva a impegnarci per raggiungere i nostri obiettivi. Oppure quello che cambia le condizioni politiche e sociali per rendere più facile trovare un buon lavoro a quanti hanno le capacità e si impegnano.
Un leader in questo senso è Seth Godin, blogger e autore di bestseller sul marketing e la crescita personale.
Il suo ultimo libro, “La chiave di svolta” (Sperling e Kupfer, pp. 306, euro 15), racconta come si è trasformato il mondo del lavoro negli ultimi anni e come sia possibile per ognuno di noi cambiare in meglio la propria vita professionale (e non solo).
Vivevamo in un mondo in cui era sufficiente “seguire le regole”: arrivare puntuale, fare quello che ci dicevano, lavorare tanto. Qualcun altro si sarebbe preso cura di noi. L’azienda, l’ente, il datore di lavoro.
Poi tutto è saltato. Chi entra nel mondo del lavoro oggi non ha più certezze. Anche chi lavora già da qualche anno non sa come fare a crescere professionalmente. Seguire le regole non basta più.
Il lavoro – ci racconta Godin – per quasi trecento anni è stato organizzato secondo il modello descritto da Adam Smith nel suo “La ricchezza delle Nazioni”: per avere successo bisogna dividere il lavoro in minuscole operazioni che possono essere svolte da persone pagate poco che si attengono a delle semplici direttive. I dipendenti sono degli ingranaggi, uno vale l’altro.
Oggi, invece, ci racconta Godin, viviamo un’epoca di cambiamento e non c’è bisogno di persone che seguono le regole perché le vecchie regole non valgono più.
Quello di cui abbiamo bisogno sono artisti – non nel senso di persone che sappiano disegnare o scolpire – ma di individui “capaci di trovare una soluzione nuova, un nesso nuovo fra le cose o un nuovo modo di farle”.
Persone capaci di portare tutta la propria creatività, la propria energia, la propria voglia di fare nel lavoro. Persone che scelgono di essere indispensabili, che diventano figure chiave.
Come diventare indispensabile, come trovare un bel lavoro, perché è importante donare agli altri la propria “arte”, perché portare la propria umanità al lavoro aiuta a vivere meglio e ottenere risultati migliori. Godin affronta questi temi con un linguaggio semplice e comprensibile, raccontando storie avvincenti e motivanti.
Come quella di Steve e Melinda. Entrambi lavorano in un supermercato. Steve odia il suo lavoro e lo mostra in ogni gesto, non cerca il contatto visivo con le persone, si prende tante pause e brontola di continuo.
Steve passa al lavoro lo stesso tempo di Melinda, solo che lei si impegna, comunica, è entusiasta. Steve ha deciso che non è pagato abbastanza per portare tutto se stesso al lavoro, Melinda, invece ha capito di poter fare una piccola differenza nella giornata di ogni cliente.
Steve è convinto che nel suo prossimo impiego – o in quello dopo o quello dopo ancora – diventerà una figura chiave, sceglierà di essere indispensabile. Se aspetta un lavoro per cui valga la pena dare tutto se stesso – ci dice Godin – è piuttosto improbabile che riuscirà ad averlo.
Anche Melinda sa che presto cambierà lavoro, ma intanto si gode la parte bella del suo mestiere, donare un sorriso, entrare in contatto con gli altri, sorprendersi ed essere creativa. Chi dei due ha più possibilità di diventare indispensabile?
PS – Se conosci qualcuno a cui può interessare questo articolo condividiglielo subito.
[…] pubblicato sul blog di Gianluca Giansante) […]
Caro Gianluca,
fa piacere trovare in rete altre persone che hanno capito quanto importante oggi avere il coraggio di dare per primi per ricreare ed alimentare quella tribù che una ricchezza duratura.
Grazie Giosuè! Le attività che porti avanti sono molto interessanti.