Il quotidiano on line Linkiesta ha pubblicato ieri un estratto di “Le parole sono importanti” tratto dal capitolo dedicato alla comunicazione di Beppe Grillo e Antonio Di Pietro. Ne riportiamo di seguito un frammento che illustra una delle caratteristiche che contribuiscono alla comprensibilità e all’efficacia della comunicazione del leader dell’Idv.
Nei discorsi di Di Pietro le metafore – e più spesso le similitudini – assumono una centralità caratteristica e vengono impiegate per spiegare i passaggi più ostici, per chiarire i termini più complessi e per manifestare e sostenere il proprio punto di vista.
Un esempio interessante lo troviamo come risposta a una delle critiche più pesanti rivolte all’Italia dei Valori, accusata, in più occasioni, di essere diventato un partito “in franchising” e di avere “imbarcato” al livello locale personaggi di dubbia moralità.
Di fronte alle critiche, Di Pietro non risponde negando i fatti, ma ammettendo l’errore e proponendo una metafora biblica con cui intende dimostrare la propria buona fede: «Gesù Cristo ne aveva presi dodici e uno l’ha tradito figuriamoci noi poveri cristi».
In tal modo riesce a mostrare con chiarezza la propria estraneità alle vicende contestate agli esponenti di Italia dei Valori e a conservarne l’immagine di partito della legalità, nonostante alcuni suoi rappresentanti abbiano mostrato comportamenti non del tutto in linea con questa rappresentazione.
Un uso altrettanto interessante è riproposto in occasione della discussione del disegno di legge sulle intercettazioni, con il quale il governo Berlusconi intendeva limitare l’utilizzo di questo strumento investigativo, adducendo come motivo l’abuso da parte della magistratura e la violazione della privacy conseguente alla pubblicazione dei testi sui media.
A questa argomentazione Di Pietro risponde con una serie di dichiarazioni che cambiano il punto di vista:
“È iniziato un tam-tam da parte dei suoi giornali {di Berlusconi} e delle sue televisioni per convincere gli italiani che i mali d’Italia si risolvono togliendo gli strumenti investigativi ai magistrati. Come a dire che la malattia di un ammalato la si cura eliminando il medico”.
In questo caso una metafora medica viene usata per spiegare un tema complesso e controverso come la questione delle intercettazioni, sulla quale si scontrano convinzioni opposte e su cui è difficile per il cittadino farsi un’opinione al di là delle prese di posizione ideologiche.
La metafora usata esemplifica il tema e riesce a far comprendere facilmente il punto di vista di Di Pietro sulla questione e allo stesso tempo a farlo apparire ovvio, scontato, l’unico possibile.
Di Pietro porta la questione su un territorio concreto e conosciuto da tutti, quello della salute, con un nemico chiaro – la malattia – e un altrettanto evidente obiettivo, sconfiggerla. Si tratta di una situazione di cui tutti hanno fatto esperienza, che risulta dunque facile da comprendere.
Allo stesso tempo la metafora seleziona una parte della realtà e, paragonando le intercettazioni a un medico, rende evidente il punto di vista dell’Italia dei Valori, in contrapposizione a quello del governo, che le considerava uno strumento per la violazione della privacy. Se Di Pietro si fosse addentrato nei dettagli della legge o nei meandri di un’argomentazione tecnica sarebbe riuscito meno comprensibile e meno efficace.
(tratto da “Le parole sono importanti. I politici italiani alla prova della comunicazione.” Gianluca Giansante, Carocci editore, 172 pagine, 15 euro).
Per approfondire vai al blog del libro “Le parole sono importanti”