Le parole sono importanti: il video della presentazione

“Un libro che pone degli interrogativi, che descrive i fenomeni in modo scientifico e scritto molto bene: per chi non l’ha letto spero sia stato uno stimolo a farlo”. Così Pierluigi Battista, editorialista del Corriere della Sera ha concluso il suo intervento per la presentazione di Le parole sono importanti che si è svolta alla Camera dei Deputati lo scorso 20 ottobre.

Sul mio canale YouTube puoi vedere l’intervento completo:

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=xnC9FaTr9YQ?rel=0&w=560&h=315]

“Devo fare i complimenti a Gianluca Giansante innanzitutto per come è scritto il libro”, così Beatrice Lorenzin ha aperto il proprio intervento Continua a leggere…


Le parole sono importanti

Come si fa a costruire consenso intorno a una proposta politica, a un leader, a un partito? Come si fa a creare un messaggio comprensibile, convincente e che non si dimentica?

A queste domande risponde il mio Le parole sono importanti. I politici italiani alla prova della comunicazione edito da Carocci e, da oggi, in libreria.

Il libro svela le tecniche di comunicazione impiegate dai principali protagonisti della politica italiana – da Di Pietro a Vendola, da Casini a Grillo.

Il testo sfata alcuni luoghi comuni, come l’idea che il linguaggio della Lega sia rozzo e spontaneo o che le barzellette del Cavaliere siano la mera espressione del carattere ridanciano del personaggio. O, infine – il più radicato di tutti, diffuso soprattutto nel centrosinistra – l’idea che per convincere le persone sia sufficiente dire “le cose come stanno”.

Dove lo puoi trovare? Nelle librerie e nei negozi on line (per esempio su Amazon, Ibs, FeltrinelliFnac e, ovviamente, sul sito dell’editore, Carocci).

In sintesi:

Le parole sono importanti. I politici italiani alla prova della comunicazione.
Gianluca Giansante
Carocci editore
172 pagg., 15 euro



Il toto-voto: Berlusconi, ce la fa o no?

Come ogni esperto di politica sa, le votazioni vanno vinte prime di entrare nella sede decisionale. Non si può aspettare che le persone si pronuncino in base alle suggestioni del momento, bisogna essere sicuri di vincere prima.

Ecco allora la frenesia di questi giorni, per raggiungere quota 316 e dare una nuova stabilità al governo. L’esperto di lobbying Fabio Bistoncini ci aggiorna sul toto-voto: oggi, con l’esodo di Calearo e Cesario (che lasciano il gruppo di Rutelli), Berlusconi dovrebbe farcela.

Ma, fa notare Bistoncini, non è detto: c’è infatti «l’incognita […] del gruppo dei “lombardiani” (MPA). Cinque voti che in passato erano sicuri. Ma dopo le ultime esternazioni del Governatore siciliano ora appaiono molto più incerti».

Leggi tutto sui numeri di Berlusconi alla Camera.

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Fini: un linguaggio politico dal tono esoterico

da Il Riformista, 7 settembre 2010

“Politica”. È questa la parola che ricorre più spesso nel discorso di Fini a Mirabello, un discorso che arriva a chiudere una telenovela politica lunga un’estate e ad aprire una nuova fase per il centrodestra italiano.

Quello di Fini è un discorso che lascia poco spazio alla retorica e alla ricerca dell’applauso facile ma che è invece profondamente politico e razionale.

È politico perché la sua forza non sta nella capacità di infiammare gli animi ma in quella di riproporre Fini come leader di una parte della destra che – con l’appiattimento dei colonnelli sulle posizioni filo-berlusconiane – sembrava aver perso ogni punto di riferimento nazionale.

Non a caso sono i punti in cui Fini si distacca più profondamente da Berlusconi (e dalla Lega) quelli che suscitano maggiore entusiasmo fra il pubblico. È nella prima parte del discorso, con la rivendicazione di un garantismo che non significhi impunità, con la critica alla politica dei tagli lineari nella scuola, con la distinzione fra lotta all’immigrazione clandestina e “integrazione dell’immigrato onesto”.

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Fini ha commesso lo stesso errore linguistico di Nixon

da Il Riformista, 5 agosto 2010

“Non siamo traditori”. Con questa frase, riportata da tutti i media, Fini ha commentato la linea del proprio gruppo parlamentare sul voto di sfiducia nei confronti del sottosegretario Caliendo.

Il leader di Futuro e Libertà dimostra così di avere appreso solo in parte la lezione di Berlusconi sulla comunicazione e di maneggiare maldestramente alcuni strumenti cruciali per la costruzione del consenso.

Come la negazione. La mente umana, infatti, ragiona solo in termini positivi: nominare il termine “traditore”, sebbene per respingerlo, evoca un “frame”, un quadro di riferimento, un universo di significato, ci fa venire in mente un patto e qualcuno che lo viola, una persona sincera e uno spergiuro, un buono e un cattivo, quest’ultimo, interpretato – nel caso in oggetto – da Fini.

Come racconta George Lakoff in un testo classico del linguaggio politico, Richard Nixon lo imparò a proprie spese. Durante lo scandalo Watergate, per far fronte alle continue richieste di dimissioni, il presidente americano rilasciò una dichiarazione pubblica in televisione nella quale affermava “non sono un imbroglione”. Come risultato tutti pensarono che era un imbroglione.

La dichiarazione di Fini ottiene lo stesso risultato e se – presa in sé – è ben poca cosa, priva di conseguenze gravi, tuttavia risulta illuminante perché getta una nuova luce su due elementi.

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