Cattive notizie per chi pensa che Mr. B sia sul viale del declino

Dal mio blog su Linkiesta.it

Gli elettori di centrosinistra sono più delusi di quelli di centrodestra. Lo rivela un sondaggio Ipsos commissionato dalla trasmissione Ballarò, che ha chiesto agli elettori se – di fronte alla scelta di voto del 2008 – si senta soddisfatto o deluso.

Molti penserebbero istantaneamente che gli elettori di Berlusconi siano molto scontentie perfino pentii. Non è così o almeno non è questa la lettura principale del risultato. Sono infatti gli elettori di centrosinistra i meno soddisfatti.

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Strategia da rivedere per la campagna di Letizia Moratti

dal mio blog su Linkiesta

È iniziata da qualche giorno la corsa di Letizia Moratti per le elezioni comunali a Milano. L’elemento più evidente, per i milanesi, è la serie di affissioni che ha conquistato strade, piazze e sotterranei della metropolitana.

Il claim scelto “Letizia Moratti sindaco di Milano” è l’elemento comune che viene declinato su sei temi diversi: sicurezza, pulizia della città, verde, qualità della vita, trasporti e famiglia.

La foto del sindaco in diversi contesti domina la scena, accompagnata da un headline distinto per ciascun tema: “Stiamo lavorando per una Milano sempre più sicura/pulita/verde etc.”.

Le foto ritraggono il sindaco sorridente e circondato da altre persone (vigili urbani, bambini, operatori della nettezza urbana, anche in questo caso in linea con ciascun messaggio tematico).

Si tratta di una scelta condivisibile. Notoriamente, infatti, la folla è sinonimo di gradimento e partecipazione secondo un meccanismo della comunicazione politica, già noto ai tempi di Quinto Tullio Cicerone, che raccomandava al più noto fratello di non uscire mai senza i propri “accompagnatori”, il cui ruolo era proprio quello di aumentare la “popolarità” del candidato (en passant, se vi capita ditelo a chi ha realizzato i manifesti di Bersani).

Tuttavia la scelta di puntare sul personalismo lascia a desiderare e sembra un tipico esempio di una strategia del tipo “chiudiamo la stalla quando i buoi sono scappati”.

La popolarità del sindaco, è infatti a livelli preoccupanti. Gli strateghi della campagna devono aver pensato che non ci poteva essere idea migliore di una bella serie di manifesti con l’immagine del candidato. Detto in altre parole, hanno cercato di rimediare all’ultimo minuto a un problema di immagine che si è sedimentato nel corso degli anni.

Questa strategia non fa i conti, però, con i meccanismi di decodifica di chi guarda quei messaggi. Far cambiare idea alle persone, infatti, è molto difficile, secondo alcuni perfino impossibile (almeno con una campagna di affissioni). Più facile è rinforzare le opinioni di quanti sono già d’accordo con una certa idea.

Applicato al caso concreto: sarebbe stato più utile puntare a rinsaldare alcuni punti forti dell’immagine dell’amministrazione Moratti.

Invece si è scelto di puntare proprio sul punto debole – la figura di Letizia Moratti – aumentando la salienza di questo elemento nella mente dei cittadini e quindi facendo un favore all’avversario, che beneficia proprio del suo essere non-Moratti.

La scelta del tono delle foto, peraltro, contribuisce negativamente al messaggio: lo stile edulcorato e le immagini evidentemente “posate” contribuiscono a rafforzare la parvenza di artificialità della campagna. E l’aspetto “finto” delle immagini si trasferisce dalle foto al candidato.

Ciò detto la rielezione della Moratti non dovrebbe essere a rischio, a meno di clamorosi sviluppi (e grazie soprattutto alla forza della Lega), la vittoria dovrebbe essere certa. Ma a livello di allocazione delle risorse – ovvero di scelta su come spendere il denaro destinato alla campagna – la prima mossa degli strateghi di casa Moratti non sembra la soluzione migliore.

Ps. Non tutti sarebbero d’accordo col dire che la vittoria di Letizia Moratti è certa, su questo punto segnalo un interessante articolo di Giovanni Cocconi su Europa.

Se pensi che anche altri possano essere interessati a questo articolo condividilo.

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Fini: un linguaggio politico dal tono esoterico

da Il Riformista, 7 settembre 2010

“Politica”. È questa la parola che ricorre più spesso nel discorso di Fini a Mirabello, un discorso che arriva a chiudere una telenovela politica lunga un’estate e ad aprire una nuova fase per il centrodestra italiano.

Quello di Fini è un discorso che lascia poco spazio alla retorica e alla ricerca dell’applauso facile ma che è invece profondamente politico e razionale.

È politico perché la sua forza non sta nella capacità di infiammare gli animi ma in quella di riproporre Fini come leader di una parte della destra che – con l’appiattimento dei colonnelli sulle posizioni filo-berlusconiane – sembrava aver perso ogni punto di riferimento nazionale.

Non a caso sono i punti in cui Fini si distacca più profondamente da Berlusconi (e dalla Lega) quelli che suscitano maggiore entusiasmo fra il pubblico. È nella prima parte del discorso, con la rivendicazione di un garantismo che non significhi impunità, con la critica alla politica dei tagli lineari nella scuola, con la distinzione fra lotta all’immigrazione clandestina e “integrazione dell’immigrato onesto”.

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Il bello, il brutto e il cattivo. Pdl e Lega mettono all’angolo il Pd

da Terra, 15 maggio 2009

La strategia è ormai chiara e non è nemmeno delle più innovative. Dietro ai continui distinguo e alla diversità di posizioni dei principali uomini del Pdl si nasconde una scelta precisa. Quella che nel linguaggio aziendale si chiama diversificazione: puntare su diversi prodotti per soddisfare le esigenze delle diverse fasce di pubblico e massimizzare il profitto.

Una strategia ben nota anche nel mondo dello spettacolo. Come i Beatles, come i Take That, come le Spice Girls: ogni membro del gruppo è caratterizzato da un forte tratto distintivo, capace di attrarre un diverso segmento del pubblico e accontentare tutti.

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